Lettera aperta dei “Caro De André”

Gent.mo Marcello, noto con piacere che nel 21’ secolo, c’è qualcuno ancora con la voglia di parlare delle cose umane, considerata la strada intrapresa oggi dalla comunicazione. Tu mi chiedi dove e quando possa ritenersi concluso il viaggio di Odisseo. Io ti rispondo: “Quando si concluderà il ciclo perenne dell’onda, quando si fermerà il mare, quando sfiorirà l’amore nascosto e disinteressato di pochi individui per il mondo”.

Sull’animo del viaggio infatti non pesano molto il passato e il futuro che stabiliscono con esso una relazione di compagnia. Il viaggio è Rivelazione perenne che adorna il presente con tutto ciò che esso raccoglie nel suo passare. Lo stesso Faber, con più potere di sintesi, rispose nella stessa maniera: “…Per la stessa ragione del viaggio, viaggiare…” -Khorakhané-

Il ricordo è la necessaria deriva del viaggio, un nemico nostalgico sotto stelle uguali…”…Perché la morte, ciò che sopprime non sono gli esseri viventi che sono la nostra stessa vita. Ciò che la morte si porta via per sempre è il loro ricordo, l’immagine che si va cancellando, diluendo, fino a perdersi, ed è allora che cominciamo anche noi a morire…” –A. Mutis-.

Chi siete?

Ti risponderò con parole rubate a Céline: sono un bimbo di ormai 42 anni, senza importanza collettiva, soltanto un individuo. Sono nato bagnato ad Est dal mare, e cresciuto in collina a Moresco (AP), un paese finto di favole, che sempre ad est, vede il mare carezzargli l’orizzonte. La lettura mi ha salvato dalla palude nella quale, intorno ai sedici anni, stavo affondando lentamente. Leggevo Pavese, Sartre, Dostoevskij, Silone, Apollinaire, Rimbaud, Beaudelaire, De André,Céline ecc. ecc.

Pensavo che essi mi avrebbero consegnato un segreto in uno scrigno, una goccia di splendore con cui addolcire le mie labbra… Oggi non è rimasto più nessuno di essi, e nessuno se n’è andato: vivono nel movimento dell’onda, nella Rivelazione del viaggio, nella liberazione da noi stessi.

E noi siamo orfani solo della manifestazione di ammirazione e di affetto con cui renderli partecipi. Non siamo però orfani del viaggio, e il silenzio segreto che da loro respiriamo, ci mette alla prova, tutti noi piccoli Ulisse, nel seguire questa corrente di ali…

Il resto poi è venuto da solo: ho chiesto a dei musicisti di alto livello di mettere una veste elegante alla musica di Faber in modo da oliare bene queste assi che ci dovranno condurre in tutti gli anfratti del Mediterraneo, e che Scilla e Cariddi abbiano pietà!

L’obiettivo però rimane sempre ben disegnato: l’obbligo della Rivelazione poetica e del non abbandono, e l’obbligo di sostenere con forza la coabitazione nel tempo e nello spazio di individui che ci hanno regalato la loro intuizione: ecco allora Faber a passeggio con Lucrezio da oltre 2000 anni e con Mutis da meno di 20. Per questo è difficile sostenere il concetto di un “repertorio” di De André. E’ giusto quando mi dici che tale “repertorio” veleggia sulle ali dell’Intuizione “crociana”, sull’immaginazione, verso orizzonti senza norma scritte, “sempre in direzione ostinata e contraria”, con un marchio di sovversione permanente, organica, rigorosa, che mai permette di transitare per rotte già battute.

Come e dove proseguire?

Un poeta di fama un giorno scrisse che l’unica cosa che si può dire è ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

E noi non siamo una catena di automobili sull’autostrada o di teste in fila alla biglietteria dello stadio, non vogliamo la televisione, non vogliamo strisciare nei sotterranei delle metropolitane come criceti nei cunicoli.

E quindi: provare a ridarmi le qualità proprie dell’individuo, connesse al senso dell’agire quotidiano di un individuo, cercando di subire il meno possibile la nevrotica operosità della collettività che innesca sempre più frequentemente riti malsani di violenza inaudita.

Bisogna rendere fondamentale l’espressione di Fabrizio De André, non capita credo, neanche da alcuni suoi valenti collaboratori: “…L’artista deve essere l’anticorpo della società, altrimenti ce l’avremo sempre nel c…”

Il mio intento musicale attuale è quello di dar forza nei concerti a questi concetti (scusa il bisticcio di parole), che sono completamente naufragati nel mondo della pseudo-cultura, a volte traditi proprio dagli artisti di maggior fama…” Voi avevate voci potenti, lingue allenate a battere il tamburo, voi avevate voci potenti, adatte per il vaffanculo…”-La domenica delle salme-

Come distinguere il reale dal fasullo?

Non credo ci siano elementi oggettivi per rispondere a ciò, ma sicuramente entrano in gioco forti elementi soggettivi: chi propone la poesia di Faber deve assolutamente accendere in chi ascolta l’empatia e l’intuizione del messaggio proprie della Categoria dello Spirito di B. Croce (tanto caro e più volte citato ad esempio dallo stesso cantautore).

E’ quindi importante partecipare con attenzione ai vari concerti e vedere se si accende la scintilla che mano a mano, può arrivare fino alle costellazioni più remote…

Scrivere oggi, infine, non è più facile o più difficile di ieri. Leggere le cose scritte ed ascoltare gli altri, invece, oggi è diventato pressoché impossibile. Le logiche di potere e l’attuale condizione umana ruotano infatti, sempre più prepotentemente intorno al denaro come simbolo, come scopo di vita e come causa fondamentale ed estremamente condizionante qualsiasi tipo di rapporto interumano. Tutte le scelte del genere umano sono improrogabilmente condizionate dal bisogno impellente del guadagno.

La lettura, a questo proposito, è una mera perdita di tempo.

Inoltre la lettura è un bene puramente individuale,da consumare in solitudine, salvo eccezioni, mentre l’arricchimento economico, il bisogno di imporsi socialmente, il senso del possesso, del comando, tutti hanno una logica sociale e collettiva e bruciano al fuoco della loro linfa.

A tal proposito è ancora molto esauriente Fabrizio: “…Infatti, avete mai visto un politico vivere in solitudine? Un politico solo è logicamente un uomo fottuto…!”

Chiudere con una frase di Faber che sentiamo più vicina?

Semplice! Non solo tutto ciò che ha scritto, ma tutto ciò che ho sentito del suo pensiero in modo diretto!

Forse, se fossi obbligato, propenderei per l’ultima poesia scritta edita…

“… Ricorda Signore questi servi disobbedienti alle leggi del branco, non dimenticare il loro volto, che dopo tanto sbandare è appena giusto che la fortuna li aiuti, come una svista, come un’anomalia, come una distrazione, come un dovere…” (Smisurata preghiera)

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